Si tramanda di un incontro segreto, tenutosi in un luogo ancor più segreto in piena Guerra Fredda, per discutere sul destino del mondo, pericolosamente in bilico sulla soglia dell’autodistruzione.
All’incontro presero parte ambasciatori e diplomatici delle due superpotenze, congiuntamente con le rispettive spie (o quantomeno gli agenti non ancora compromessi).
Mentre i pochi a conoscenza di questo incontro trattenevano il respiro sperando che non si arrivasse a compiere un passo sbagliato quanto irreparabile, le consultazioni iniziarono. Dopo poco tempo, apparve chiaro quanto quella che deturpava quegli anni di paura e reciproco sospetto fosse una ferita insanabile.
Gli animi si accesero, la situazione precipitò come poche altre volte nella storia dell’umanità. In quel fatale momento, due spie avversarie aprirono le rispettive valigette rivelando gli orrori che contenevano: i dispositivi di lancio delle testate nucleari. Era la fine dell’alibi del deterrente nucleare.
Come ultimo folle atto l’assemblea, troppo accecata da vanità e antichi rancori, non prese sul serio la minaccia dell’estinzione.
Fu un attimo: qualcuno premette il pulsante. Non importa chi lo fece per primo, la sentenza di morte venne emessa bipartisan senza possibilità di appello.
Poi nulla accadde.
Mentre la malvagità lasciava posto al dubbio francamente imbarazzato, per capire perché all’umanità fu concesso di sopravvivere, occorre spostare la scena in una base militare dall’ubicazione classificata top secret. In tale base si occupava della manutenzione Carl, detto “Longman”, probabilmente l’operaio più indolente del globo, o sicuramente inserito a buon diritto nella top ten della pigrizia. Talmente scansafatiche da trascurare i suoi doveri nei confronti delle testate nucleari, di cui sarebbe stato in teoria responsabile. Fu così che qualche componente, mai revisionato a dovere, non permise ai missili di partire.
Vi chiederete come sia possibile che un compito di tale importanza fosse stato affidato ad un individuo simile. Ebbene, sta di fatto che Carl godesse di amicizie importanti. Ma era in buona compagnia: dall’altra parte del mondo, anche in Unione Sovietica erano alle prese con Sergej, di indole simile al collega americano.
La favola insegna che devi stare fermo, se sai di essere un imbecille da competizione, perché è quello il tuo modo di salvare il mondo.
FAN-TA-STI-CA!
grazie!!
Ahahah! Bello pensare che ognuno ha il suo posto nel mondo 🙂
C’è un disegno divino per ognuno di noi 😉