Coloro che vissero in quel periodo, descrivono l’Europa negli anni tra le due Guerre Mondiali come una grande polveriera pronta ad esplodere.
Il regime hitleriano era in procinto di dichiarare guerra all’intero continente e seguitava con i preparativi dell’impresa bellica. Francia e Gran Bretagna, prese singolarmente, non disponevano della forza sufficiente ad opporsi al comune nemico; in aggiunta a ciò, provavano timore nei confronti della Russia di Stalin e della sua immane potenza militare. Di fronte a questo scenario di immobile timore dell’avversario, la Germania diventava ogni giorno più forte.
«Francia, stai serena», disse André Maginot, il ministro della guerra francese. Egli sosteneva di avere un piano infallibile per contrastare lo strapotere del bellicoso vicino.
Probabilmente ispirato dalla famosa Muraglia cinese, eresse una fortificazione monumentale lungo il confine orientale dello stato francese; il muro, che prese il nome di Linea Maginot, venne sorvegliato dalle truppe francesi: i tedeschi, una volta oltrepassato il muro, sarebbero stati sbaragliati dall’esercito regolare. O almeno, questo era il piano di Maginot che credeva di poter portare Hitler in una situazione di stallo.
Ma Hitler, preso da un attacco di cazzimma, dichiarò guerra lo stesso.
Quel drittone di Andrè allertò i soldati al confine, pronti a reggere l’urto dell’invasione. Hitler fregò tutti passando dal Belgio (che se ne stava buono buonino ignorato da tutti), che nel frattempo si era dichiarato neutrale, aggirando allegramente la cinta muraria e mandando contemporaneamente a cagare ogni onore guerriero e facendo fare al povero ministro della guerra francese la figura del peracottaro.
I francesi, che notoriamente non apprezzano l’ironia, improvvisamente si ricordarono di quel preventivo di spesa di di 3.000.000 franchi che il loro stratega li aveva convinti a sborsare. Soldi dei contribuenti, ovviamente.
Il ministro venne destituito a coppinate.
La favola insegna come mai le case abbiano quattro muri. Sul perché esistano i tetti, chiedetelo invece agli abitanti di Hiroshima.