Scrivevo la storia sottostante (che pubblico parzialmente) mentre sono incappato casualmente in questa notizia.
E niente, buona lettura care ginestre.
Rosso, verde e blu oppure giallo, ciano e magenta. Non mi sono mai posto il problema. Queste distinzioni da grafici non valgono, non per me. Non importa: non ho mai dato troppa importanza a nessuna di queste antiquate regole, le ho sempre ritenute un concetto ben più che superato.
L’unica cosa che ha importanza è la scala di colori avvertita dai clienti; mi adeguo con estrema facilità. Sono parecchio apprezzato per questa particolare abilità. Dopotutto è per questo che chiedo loro un lauto compenso. Forse il tipo di arte che pratico si rivelerà essere soltanto una moda passeggera, ma questo non è uno di quei pensieri in grado di tenermi sveglio la notte. So adattarmi con estrema disinvoltura e ho coltivato questo talento fino dagli anni dell’accademia. Mi è sempre riuscito piuttosto naturale lavorare su commissione; si tratta principalmente di seguire fedelmente una consegna, proprio come accadeva sui banchi di scuola. Già allora bastava appropriarsi di uno stile fino al punto da riuscire a riprodurlo fedelmente. «L’artista deve imparare i canoni e una volta appresa la tecnica la disimparerà», ripetevano sempre i miei insegnanti. Ma in realtà quello che imparai su quei banchi fu soltanto la mimesi. Dai compagni più diligenti, quelli che con maggior affetto venivano lodati dai professori, avevo osservato l’arte della mutevolezza. A scuola era così che ci si diplomava: studiando i grandi maestri del passato, era necessario carpire i segreti della tecnica che li aveva resi famosi; ci si esercitava fino a quando non si era in grado di riprodurre meccanicamente ogni particolare, ogni accento, ogni inflessione. L’anima di un dipinto veniva passata allo scanner, codificata e riprodotta in serie da uno sciame di piccole formichine industriose. Mentre la creatività, quella o ce l’avevi oppure niente. Se possedevi quel particolare estro eri un privilegiato, ma quella scintilla non era considerata come una qualità fondamentale: al contrario, non era nulla di così eccezionale; stava a te crescere e far maturare le tue abilità, vere e presunte che fossero.
La retta ti consentiva l’accesso ad un’istruzione adeguata, la strada la dovevi trovare da te. Al giorno d’oggi, chi è in grado di distinguere arte e grafica? Esistono ancora i grandi artisti, questo è vero; tuttavia, sotto la patina di gloria esistono almeno tre generazioni di creativi di second’ordine, impiegati e scribacchini dell’arte, animatori dotati di un grande talento, quello dell’adattabilità. Dopotutto questo è un mondo che da quasi un secolo vive con un pressante e incessante bisogno di manodopera a basso costo.
Quanto a me, ho accettato questi insegnamenti con un’alzata di spalle; sono sempre esistiti allievi delusi dal corso di studi intrapreso, la storia dell’arte è piena di aspettative disattese e di profonde delusioni.
Quello di cui avevo viva paura, era di risvegliarmi in un mondo in cui esisteva un’arte senza gli artisti.
figo! A quando il resto? 😀
Quello che serviva c’è. Il resto dici? Vedremo…
Ti amo