ALIENWEEN – La recensione

Cosa si è in grado – o meglio, disposti – a fare pur di sopravvivere? Quali cose, quanti valori infrangere in nome di una qualche utopica speranza? E se fosse proprio questa la più grande delle illusioni, in nome della quale un uomo buono può compiere gli atti più orribili, la giustificazione perfetta di ogni invidia, di ogni peccato? Come al solito, da Federico Sfascia non ci si può aspettare una risposta univoca: sta allo spettatore il compito di trovare la morale. Alienween, ultima fatica cinematografica del regista di Foligno, parte e arriva proprio qui.

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Ad essere maliziosi si potrebbe pensare ad un’esagerata virilità – questa la traduzione letterale dell’espressione gergale Alienween – tuttavia la genesi del titolo è ben diversa: si tratta infatti di una semplice crasi, un ‘lascito’ di Alex Visani, committente del film, che ha chiesto a Sfascia di sviluppare due temi, gli alieni e la notte di Halloween, mischiandoli insieme rispettando la componente ‘melting movie’. Tra questi e altri archetipi narrativi – che ormai abbiamo imparato a conoscere – si muove il cast, un riuscito mix di volti noti e di attori nuovi: Guglielmo Favilla, Mattia Settembrini, Federica Bertolani ed Alex Lucchesi erano già apparsi in I Rec U (per la recensione, clicca qui), mentre per Mirko Peruzzi, Cecilia Casini, Alessandro Mignacca, Raffaele Ottolenghi e Giulia Zeetti si tratta di un “debutto” nella cerchia di Sfascia. Conferma anche per Alberto Masoni, nel ruolo di compositore che ben completa, tramite una colonna sonora evocativa quanto suggestiva, le immagini catturate dalla macchina da presa. Continua il sodalizio artistico con Marco ‘Camme’ Camellini, autore di effetti speciali e pupazzi meccatronici, insostituibile compagno d’armi del regista.

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Inevitabile, a questo punto, un confronto tra le due opere: dove la precedente pellicola parlava dell’adolescenza, Alienween racconta dell’età adulta. I turbamenti dei personaggi si sono evoluti, così come è cresciuta la maestria e lo stile registico di Federico Sfascia: tutto è sfumato, accentato o colorito a seconda delle esigenze sceniche; la componente ironica, immancabile, strappa un sorriso, forse amaro, che permette allo spettatore di riflettere, andando oltre al senso di incredulità. La trama, poi, perde la linearità dei primi lavori articolandosi in diverse sottotrame: da una parte i protagonisti che devono vedersela con invasori alieni in grado di zombificare le loro vittime, dall’altra una scalcinata stazione radio dalla quale trasmette un DJ preso di mira dal suo stesso pubblico, simpatica parodia del compianto Roberto Panicucci. E questa è soltanto una delle molte citazioni della cultura pop con la quale il film è farcito. Ce n’è per tutti i gusti: da Doctor Who a Ken il Guerriero, passando da ‘Ritardo mentale’, canzone dei ‘La Tosse Grassa’ che Sfascia ama inserire un po’ ovunque all’interno delle sue pellicole.

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Intrattenimento ed emozione, ingredienti imprescindibili dello stile ‘sfasciante’, si mischiano su uno sfondo in cui prevalgono colori scuri e gattini. Il prodotto finale è ancora una volta artigianale, nella concezione più romantica del termine: un nuovo atto d’amore nei confronti del cinema anni ’80, scarso utilizzo di Visual Effect e tanta, tanta passione. Oltre a litri di sangue che schizza manco fosse ketchup.

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Presentato per la prima volta al Future Film Festival bolognese, la pellicola sta facendo ora il giro di varie manifestazioni (QUI per rimanere aggiornati sulle prossime date). Sicuramente l’aspetto che colpisce di più di questo è la profonda armonia del prodotto finale, romantico e artigianale, che nulla ha da invidiare alle grandi produzioni dal budget faraonico. Un film da vedere a ammirare fino all’ultimo fotogramma, lasciandosi incantare dall’elemento fantastico, nel tentativo di accogliere il messaggio provocatorio del regista: Federico Sfascia sembra dirci che a volte vale la pena riconoscere la natura fallace dell’essere umano, proprio quando il mondo sembra dirci “bravo, ma basta”. Solo allora, accettando il lato oscuro, è possibile il riappacificarsi con la nostra umanità. Vale la pena di farci un pensiero, no?

 

menestrellino

Informazioni su Shiri Clod

Romantico cacciatore di chimere perso nella fantasia. Nato con ogni probabilità nell'epoca sbagliata. Un «clown irlandese», proprio come voleva Joyce
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