Di recente ho sentito un aneddoto interessante. Se io ti do dieci euri e tu mi dai dieci euri, entrambi continuiamo ad avere dieci euri. Ma se io ti racconto una storia e tu me ne racconti una, alla fine della giornata entrambi sapremo due storie.
Bellina eh? Segnatevela che torna sempre utile. Una di quelle frasi d’effetto che ti resta dentro, vivi la tua vita ignaro e poi ti torna indietro con una sentenza che pesa come un macigno. Non so se rendo l’idea.
Magari mentre stai partecipando al concorso fotografico indetto lo scorso 8 settembre dalla Pia Opera Ciccarelli di San Giovanni Lupatoto, in provincia di Verona. Niente di che, giusto per sollazzarti un poco. Certo non ti aspettavi di tornartene a casa con un qualcosa in più.
Non mi divulgherò troppo a parlare della qualità dei lavori presentati, anche perché di fotografia e pittura ci capisco – ahimè – ben poco. Sta di fatto che ho potuto conoscere e apprezzare due grandi maestri e professionisti della fotografia veronese ed internazionale del calibro di Giulia Adami e Mattia Cacciatori, giurati d’eccezione di un concorso che a livello organizzativo avrebbe sicuramente qualcosa da insegnare anche fuori dai confini lupatotini.
Una bella lezione – accennavo prima – sull’abilità e l’estetica, sul carattere estemporaneo della fotografia e – perché no – dell’arte stessa. Un incontro/scontro, un agone poetico, una bottiglia che si infrange sul pavimento permettendo al liquido che era contenuto all’interno di espandersi. Carpe diem, cogli l’attimo. Cattura in un battito di ciglia un’emozione ed esponila, permettile di raggiungere qualcuno e di farti raggiungere a tua volta. Uno scatto, un guizzo dell’anima fissato su un supporto, destinato a vivere ben più di un attimo soltanto. I ferri del mestiere? Talento, supportato da una codificazione di regole che vanno possedute, senza mai divenirne dipendenti. Dopotutto, oltre ai “come”, occorre dare risposta a molti curiosi “perché”.
Ebbene, non posso fare a meno di stupirmi quando una bella frase si palesa concretizzandosi in una massima. L’arte è e deve essere proprio questo: un eterno ritorno verso uno stadio più genuino e primigenio e non soltanto una calamita per turisti.
me gusta! 🙂