Si narra che Nymphodora fosse una bellissima giovinetta, la più bella e leggiadra di un fiorente quanto anonimo villaggio della Tessaglia. Capitò che fosse scelta per guidare la processione propiziatoria in onore della dea Demetra che si sarebbe tenuta in occasione della festa del raccolto.
L’atmosfera che si respirava al villaggio era frizzante e calorosa, come la primavera che lentamente si risvegliava. Il fatto che Nymphodora fosse incantevole quanto procace, dicevano i saggi, avrebbe garantito un raccolto particolarmente abbondante.
Tuttavia, mentre la processione si snodava attraverso i monti del Pindo, un’incredibile quanto inaspettata sciagura si abbatté sulla giovinetta: colta da un malore e impossibilitata a proseguire, si accasciò a terra. Lo sgomento si impadronì degli abitanti del villaggio. Mentre il corpo della povera Nymphodora veniva scosso da spasmi di febbre, i suoi compaesani si interrogarono sui motivi di quella strana malattia.
Alcuni erano propensi a credere che il sole avesse colpito con troppa violenza la pelle delicata della fanciulla. Ma per le anziane del villaggio non c’erano dubbi: si trattava di malocchio. Il desiderio che proviene dagli occhi, si sa, è il più puro e incontrollabile. La “Baskania”, la fattura, scaturita dalla cupidigia, stava con ogni probabilità percuotendo con inaudita violenza l’anima della povera malcapitata.
Forse qualche smorfiosa, gelosa della sua avvenenza, l’aveva guardata con troppa insistenza mentre attraversava con leggiadria le strade del borgo. Oppure qualche donna un po’ in là con gli anni, desiderosa di ritrovare ancora una volta il fiore della bellezza perduta, vedendola abbeverarsi alla fonte, si era forse ritrovata a desiderare con eccessivo ardore un corpo sano e snello.
Mentre le chiacchere e le congetture aumentavano di volume si fece avanti Dokrates, il fornaio. Con lui c’era il suo fido e volenteroso garzone, Agatarchydes, un ragazzotto tipicamente triestino: lo si capiva dal fatto che fosse un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore.
Senza perdere tempo Dokrates prese la parola per placare gli animi. Nonostante non avesse mai considerato sé stesso come un capace oratore se la cavò piuttosto bene.
«Cari concittadini,» disse con voce ferma, «non disperatevi inutilmente. Ebbene, l’involontario colpevole di questa incresciosa situazione è proprio davanti a voi. Si tratta del giovane Agatarchydes. Egli è da sempre innamorato della bella Nymphodora, ma purtroppo non ha mai trovato dentro di sé le parole per esprimere quello che prova. Vi prego di comprenderlo, è pure straniero e non parla tanto bene il greco, figuriamoci il dialetto tessalonicese. Egli guardava ogni giorno la bella Nymphodora, mentre il desiderio si accavallava sugli occhi, lo specchio dell’anima. Ebbene non è l’invidia, bensì l’amore troppo puro di questo giovane che ha colpito l’oggetto del suo desiderio con una foga eccessiva. Forse un bacio sincero potrà destarla dalla sua malattia».
La gente del villaggio, all’improvviso, ammutolì.
Agatarchydes, rinvigorito da un coraggio che non credeva di possedere, si avvicino con timidi passi verso la sua bella. Ispirato dagli dèi, si chinò su di lei e la baciò con tenerezza.
Ella si riebbe immediatamente, sorridendogli felice. Con quel sorriso che a nulla poteva essere paragonato se non ad un fresco ruscello montano.
Tra gli applausi festanti, la processione poté riprendere senza ulteriori interruzioni. L’Amore, figlio di Necessità ed Espediente, aveva vinto.
La favola insegna che se soffri di stipsi non ti devi preoccupare troppo, probabilmente è colpa dell’ammore.
ma poi non è riuscita a defecare? XD
forse serviva quella frutta frullata che vendono all’alimentari….
HAHAHHAHHAHA! madonna che pappetta!!!