QUANDO LE MASCHERE RIPOSANO

venezia

Il Carnevale più bello del mondo è finito. I coriandoli hanno smesso di vorticare sospinti dalla brezza lagunare e si sono posati a terra come foglie d’autunno. Li si può vedere ai bordi delle strade raggruppati in piccoli gruppi insieme a cocci aguzzi di bottiglie di birre bevute. Cala la notte, le ombre si allungano e i lampioni si accendono. C’è qualcosa di strano nell’aria. E qui si intrecciano le storie.

Un giovane si sveglia di soprassalto nella zona delle Zattere. È quasi il tramonto e la testa pulsa ancora. Ha vagato per la città fino alle sei di mattina prima di crollare, stravolto. Il cellulare vibra, un amico lo sta cercando. Un fioco sorriso riaffiora sulle sue labbra stanche. Si tira su e abbozza un inchino ringranziando, come se il suo interlocutore potesse scorgerlo.

Qualche ora dopo, ai piedi di un ponte come tanti altri vicino ad una delle sedi della Ca’ Foscari, un gruppo di giovani festeggiano una laurea. L’acqua sotto di loro è calma, ogni tanto passa un motoscafo. Un gruppo di aristocratiche signore li guarda e passa avanti facendo di tutto per malcelare il disgusto per quei ragazzi che si rotolano nell’indecenza di una sbronza. Poco dopo nello stesso luogo sopraggiungono due ragazzini dai tratti orientali; forse giapponesi oppure coreani, difficile a dirsi. Quello che è certo è che si sono persi. Probabilmente hanno bevuto troppo. Anzi no, è sicuro. Scorgono quei ragazzi e chiedono loro indicazioni, ma nemmeno loro hanno mai sentito parlare dell’hotel nel quale alloggiano. Dopotutto sanno addentrarsi solo in poche vie, quelle necessarie per la loro vita fatta di studio e di aperitivi.

Non ci mettono molto a fare amicizia. Inizialmente, un paio di studentesse di lingue orientali cercano di fare conversazione per mettere in pratica il frutto dello studio, ma la voce dei piccoli giapponesi è troppo impastata dall’alcol. In poco tempo i formalismi vengono abbandonati, si ritorna a bere e a festeggiare.

Venezia, città di esuli e di studenti fuori sede. Dove le piccole botteghe e gli antichi mestieri resistono. Nata dal nulla e perennemente decadente, nostalgica di tempi andati e mai del tutto passati.

Signor Sorrentino, mi rivolgo a lei e alla moltitudine di registi di belle speranze che vivono nel sottobosco dei sogni: ho trovato la vostra grande bellezza.

menestrellino

Informazioni su Shiri Clod

Romantico cacciatore di chimere perso nella fantasia. Nato con ogni probabilità nell'epoca sbagliata. Un «clown irlandese», proprio come voleva Joyce
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2 risposte a QUANDO LE MASCHERE RIPOSANO

  1. Francesco Corcioni ha detto:

    Ho dovuto leggerla 2 volte per capire!

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